MERCOLEDI 14 DICEMBRE ORE 16
EDIFICIO GEOLOGIA -aula 11
UNIVERSITA' LA SAPIENZA
Viviamo ormai da anni l’ennesima crisi del capitalismo, non una crisi
passeggera, ma connaturata al sistema stesso. Mezzi di comunicazione,
economisti e governi dicono che questa crisi si può risolvere attraverso i nostri sacrifici, ma non è così. Ci stanno imponendo, nell’Unione
Europea e negli Stati Uniti, gli stessi metodi: drastici tagli alla
spesa pubblica, licenziamenti di massa, privatizzazione dei beni e dei
servizi pubblici. Questi metodi non sono altro che la conferma e
l’esasperazione, nel contesto di crisi, della tendenza diffusa da ormai
30 anni di neoliberismo e globalizzazione: socializzazione dei debiti
privati da un lato e privatizzazione dei servizi sociali dall’altro.
L’attacco che stiamo subendo si estende in vari campi: licenziamenti e
riduzioni nette di salario per quanto riguarda il lavoro; nel campo
della mobilità carenza di personale, di mezzi, inefficienza di servizi
in buona parte della città, il tutto accompagnato da un aumento
spropositato del costo dei biglietti; nel campo della sanità riduzione dei servizi pubblici e allo stesso tempo aumento del costo degli stessi;
nel campo della formazione scuola e università sono assoggettate alle
stesse logiche di speculazione e profitto. Questo attacco è subito
doppiamente dalle donne, che specialmente in questa fase si trovano a
dover supplire alle carenze dei servizi sociali, perdendo così anche
quanto era stato conquistato con le lotte femministe nei decenni
passati. Queste misure non porteranno mai ad un benessere diffuso nella società, ma solo all’arricchimento dei soliti noti.
In questo quadro economico, tragica è la situazione della politica istituzionale: tutti i partiti parlamentari sono totalmente assoggettati
ai poteri economici e finanziari (a dimostrazione di ciò basti guardare
la composizione del nuovo governo Monti, nel quale la maggior parte dei ministri proviene dalle élite finanziaria ed economica). La mancanza di democrazia si sta, ora, rispecchiando anche nella politica:
la millantata democrazia liberale evidentemente non funziona.
Oggi più che mai, quindi, si rende necessaria un’opzione antagonista e
anticapitalista per fare in modo che non siano, ancora una volta, gli
sfruttati a pagare per il padrone.
Sorgono però delle domande alle quali dobbiamo assolutamente trovare
delle risposte: come si può agire per fare sì che la rabbia non rimanga
isolata in appuntamenti di piazza, ma si organizzi in lotte quotidiane?
Come si può agire per fare in modo che siano i padroni, e non gli
sfruttati e le sfruttate, a pagare la loro crisi?
Sentiamo la necessità, perciò, di creare uno spazio comune,assembleare
per discutere, confrontarci e trovare le risposte che cerchiamo e per
individuare delle pratiche che possano essere portate avanti in modo
efficace per ribaltare l’attuale situazione. Pensiamo che, per aprire un
nuovo ciclo di lotte che sia in grado di mettere in crisi la stabilità
del sistema capitalistico, sia necessario partire da pratiche di
riappropriazione della ricchezza, dalle autoriduzioni (come quelle sulla
bolletta dell’acqua), dalla nascita, o dal rafforzamento dei percorsi di
autorganizzazione nei territori, nei posti di lavoro, nelle università e
nelle scuole. Crediamo che sia necessario, oggi più che mai, collegare
le lotte che già da anni si portano avanti con quelle che vanno via, via
nascendo in risposta agli attacchi padronali, come quelle delle/i
lavoratrici/ori delle pulizie della Sapienza, degli operai ferrotranvieri dell’Atac, dei ferrovieri di Trenitalia, come i precari
che lottano per costruirsi un futuro privo di sfruttamenti, come le
occupazioni e i tentativi di riappropriazione di ciò che è nostro e che
ci spetta di diritto e come le lotte che stanno nascendo e che nasceranno in futuro.
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passeggera, ma connaturata al sistema stesso. Mezzi di comunicazione,
economisti e governi dicono che questa crisi si può risolvere attraverso i nostri sacrifici, ma non è così. Ci stanno imponendo, nell’Unione
Europea e negli Stati Uniti, gli stessi metodi: drastici tagli alla
spesa pubblica, licenziamenti di massa, privatizzazione dei beni e dei
servizi pubblici. Questi metodi non sono altro che la conferma e
l’esasperazione, nel contesto di crisi, della tendenza diffusa da ormai
30 anni di neoliberismo e globalizzazione: socializzazione dei debiti
privati da un lato e privatizzazione dei servizi sociali dall’altro.
L’attacco che stiamo subendo si estende in vari campi: licenziamenti e
riduzioni nette di salario per quanto riguarda il lavoro; nel campo
della mobilità carenza di personale, di mezzi, inefficienza di servizi
in buona parte della città, il tutto accompagnato da un aumento
spropositato del costo dei biglietti; nel campo della sanità riduzione dei servizi pubblici e allo stesso tempo aumento del costo degli stessi;
nel campo della formazione scuola e università sono assoggettate alle
stesse logiche di speculazione e profitto. Questo attacco è subito
doppiamente dalle donne, che specialmente in questa fase si trovano a
dover supplire alle carenze dei servizi sociali, perdendo così anche
quanto era stato conquistato con le lotte femministe nei decenni
passati. Queste misure non porteranno mai ad un benessere diffuso nella società, ma solo all’arricchimento dei soliti noti.
In questo quadro economico, tragica è la situazione della politica istituzionale: tutti i partiti parlamentari sono totalmente assoggettati
ai poteri economici e finanziari (a dimostrazione di ciò basti guardare
la composizione del nuovo governo Monti, nel quale la maggior parte dei ministri proviene dalle élite finanziaria ed economica). La mancanza di democrazia si sta, ora, rispecchiando anche nella politica:
la millantata democrazia liberale evidentemente non funziona.
Oggi più che mai, quindi, si rende necessaria un’opzione antagonista e
anticapitalista per fare in modo che non siano, ancora una volta, gli
sfruttati a pagare per il padrone.
Sorgono però delle domande alle quali dobbiamo assolutamente trovare
delle risposte: come si può agire per fare sì che la rabbia non rimanga
isolata in appuntamenti di piazza, ma si organizzi in lotte quotidiane?
Come si può agire per fare in modo che siano i padroni, e non gli
sfruttati e le sfruttate, a pagare la loro crisi?
Sentiamo la necessità, perciò, di creare uno spazio comune,assembleare
per discutere, confrontarci e trovare le risposte che cerchiamo e per
individuare delle pratiche che possano essere portate avanti in modo
efficace per ribaltare l’attuale situazione. Pensiamo che, per aprire un
nuovo ciclo di lotte che sia in grado di mettere in crisi la stabilità
del sistema capitalistico, sia necessario partire da pratiche di
riappropriazione della ricchezza, dalle autoriduzioni (come quelle sulla
bolletta dell’acqua), dalla nascita, o dal rafforzamento dei percorsi di
autorganizzazione nei territori, nei posti di lavoro, nelle università e
nelle scuole. Crediamo che sia necessario, oggi più che mai, collegare
le lotte che già da anni si portano avanti con quelle che vanno via, via
nascendo in risposta agli attacchi padronali, come quelle delle/i
lavoratrici/ori delle pulizie della Sapienza, degli operai ferrotranvieri dell’Atac, dei ferrovieri di Trenitalia, come i precari
che lottano per costruirsi un futuro privo di sfruttamenti, come le
occupazioni e i tentativi di riappropriazione di ciò che è nostro e che
ci spetta di diritto e come le lotte che stanno nascendo e che nasceranno in futuro.
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INVITIAMO QUINDI TUTTE LE REALTA' SOCIALI E TUTTE LE PERSONE CHE SENTONO E CONDIVIDONO QUESTA NECESSITA', A PARTECIPARE ALL'ASSEMBLEA PUBBLICA DEL 14 DICEMBRE ALL'UNIVERSITA' LA SAPIENZA.
- EDIFICIO DI GEOLOGIA - AULA 11 - h.16
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