giovedì 3 novembre 2011

Quando un conflitto impolitico fa piu' paura di quello "politico"


I fatti del 15 Ottobre hanno riaperto un dibattito mai risolto. Da tempo, forse da quando scoppiò la prima forma di rivolta contro un determinato sistema di potere, si parla e si discute da diverse prospettive e punti di vista, sulle dinamiche conflittuali tra potere istituzionale e contro-potere di strada, dal basso.Questo ragionamento trova  spesso il proprio epicentro nell'ambito del controllo sociale del territorio.
Capita che le varie forme di autogestione, delle strade, dei circoli, dei "muretti", delle piazze si presentano come contrapposizione al potere coercitivo e repressivo delle Istituzioni. In un contesto come quello contemporaneo dove anche chi non possiede una vera e propria coscienza politica nutre un viscerale odio nei confronti delle forze dell'ordine, fa paura lo spauracchio della rivolta, del dissenso, della ribellione caotica e non organizzata. Si ergono così campagne mediatiche e repressive costruite apposta per demonizzare o ridicolizzare "il nemico", il ragazzo di strada, di borgata, l'ultras o il fantomatico black blochers. Si cade nella retorica del giudizio e non dell'analisi pura e sociale. Si cerca di limitare gli spazi di agibilità e di conflittualità che seppur sotto forme impolitiche, fanno così tanta paura a chi, anche a "sinistra", si preoccupa di perdere un bel posto su una Poltrona del potere.Partiti e sindacati sono diventati la negazione vivente del confronto orizzontale, divenendo sempre piu' strumentali ad una società ingiusta e prevaricatrice.
Il 15 Ottobre la rabbia sociale impolitica di una generazione senza futuro si è unita alle pratiche di lotta radicali  delle realtà antagoniste di movimento. Una miscela esplosiva dunque, un dato politico imprescindibile per chi sogna la Libertà, un dito al culo per chi invece sfrutta il palcoscenico dei movimenti per riprodurre in piccolo una società basata sulla logica del profitto e del compromesso. La spettacolarizzazione mediata del conflitto è stata ampiamente e da tempo smascherata ed ora qualcosa inizia a muoversi in positivo ma questo processo impaurisce e infastidisce il sonno dei politicanti da strapazzo.
Nei territori misteriosi del conflitto impolitico, nelle turbolenze di quei giovani arrabbiati che assaltavano i caroselli delle forze del disordine, negli atti di teppismo creativo che hanno sempre caratterizzatole forme antagoniste di matrice sottoculturale, si registrano del resto due costanti: quella irriducibile contrapposizione con la cultura dominante e soprattutto con le sue figure istituzionali come il poliziotto o il sacerdote, e la decisa   e reiterata affermazione di "sovranità" su determinate porzioni di territorio che in alcuni casi si manifesta con la crazione di TAZ(zone temporaneamente autonome) dove vigono solo forme di contro-potere. In questa prospettiva si puo' analizzare "la battaglia di San Giovanni" che ha visto centinaia e centinaia di giovani, uomini e donne, contrapporsi violentemente fra cariche e contro-cariche per guadagnare qualche metro di territorio. "Liberare San Giovanni" dalla sbirraglia in assetto da guerra era l'obiettivo comune fra una prospettiva impolitica ed una prettamente politica. Proprio in questo caso in particolare è l'aspetto impolitico e sociale a diventare politico e conflittuale in un processo che spinge il nichilismo lungo un sentiero rivoluzionario e ragionato. Il conflitto impolitico si svolge negli ultimi due secoli intorno al controllo del territorio dunque, ed intorno alle pratiche che portano il monopolio della forza da parte dello Stato. Ogni forma di contrapposizione a questo dicotomia è stata sempre attaccata e repressa duramente. Lo abbiamo visto nelle TAZ delle curve degli stadi in quasi 40 anni di repressione ed affinamento di strategie di controllo sociale. Lo abbiamo visto con le campagne repressive e gli sgomberi di Rave party ed altre forme di zone autonome.
Piazza San Giovanni il 15 Ottobre puo' essere considerata una TAZ rivoltosa di matrice politica che si è espressa anche e soprattutto tramite pratiche conflittuali di provenienza impolitica. Come sempre avviene nei conflitti sociali, ad ogni sterzata repressiva si è reagito con nuovi, spesso inconsapevoli ed ancora piu' violenti "strumenti di lotta". Ma come nella politica pero', l'innalzamento ad oltranza dei livelli paramilitari del conflitto ha finito in definitiva per premiare soprattutto chi , nel campo dei metodi violenti e coattivi, vanta il primato del diritto.
Appare evidente come gli spazi di libertà stiano progressivamente diminuendo e con la scusa dell'ordine pubblico, della sicurezza, del terrorismo, del teppismo, ulteriori passaggi repressivi stanno prendendo piede. Repressione che purtroppo viene legittimata da quegli atteggiamenti ambigui ed infamanti da parte di quella che stenta ancora a definirsi "sinistra". La paura che questi nuovi ribelli delle borgate, delle curve, dei quartieri possa creare scompiglio in un contesto di pacificazione sociale, sta facendo passare brutte nottate ai signori della politica filtrata. Per chi invece crede ancora nella forza dell'auto-organizzazione, dell'autogestione, nella spinta libertaria delle pratiche e dei confronti orizzontali per costruire una società migliore, questa forza sociale impolitica è energia pura, stimolante e fondamentale per ridare un senso alle nostre vite sempre piu' omologate ed amorfe.
La passione di una rivolta scuote le coscienze piu' di mille comizi.

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