Roma – 15 – Ottobre
Niente da chiedere, tutto da rovesciare!
Mettersi all’ascolto del proprio tempo
Rivolte e defezioni si susseguono ovunque. Dappertutto il mantra della produzione si inceppa trascinando nella sua caduta la sua stessa critica. Quella critica che non la smette di fornire a questo mondo in agonia i suoi stessi rimedi. Quel discorso che non si rende conto di fornire la stampella del buon governo a un edificio che sta crollando.
Saltare il muro del pianto e afferrare il nostro tempo come il migliore dei tempi possibili, poiché ogni momento storico contiene in sé la sua chance rivoluzionaria. La questione è saperla cogliere e alimentare.
Nell’ultimo anno piccoli spostamenti si sono diffusi a un ritmo incalzante. Pratiche sovversive risuonano l’una con l’altra. Non è il momento di perdersi in interpretazioni, di provare a razionalizzare tutto questo, di affannarsi in analisi che vengono puntualmente smentite. Ora è il momento di altro. Si tratta di mettersi in accordo, di seguire il ritmo di ciò che accade, stare al passo. Mettere in movimento mani, piedi e testa. Le emozioni sono state studiate abbastanza, ora si tratta di viverle.
Benvenuti nella fine della mediazione
Pare che la sovrapproduzione non sia più di merci ma di esseri umani. Un’eccedenza che ogni forma di governo non ha nessun interesse ad includere. D’altronde come inglobare chi sfugge il lavoro come la peste, chi se ne frega dell’imperativo della sicurezza e della paranoia del futuro?
Partire da quello che c’è. Dai legami tessuti nel quartiere, nella scuola, nel posto in cui si è costretti a lavorare. Costruire pazientemente luoghi comuni, gettare ponti attraverso la città, sottrarre terreno al regno della polizia e del denaro.
Solo a partire da una certa consistenza locale si può andare all’assalto del mondo; solo con l’orizzonte del mondo si possono concepire delle basi solide, ancorate al territorio. Per questo motivo la lotta in Val Susa non è una “lotta locale”: ciò che accade in valle risuona immediatamente altrove, trasmettendo forza e entusiasmo ovunque. Quando la lotta viene fermata in un punto si ricompone in un’altro: capace tanto di accogliere quanto di irradiarsi lontano.
Non è un problema di accumulazione
Il rovesciamento di questo mondo non si regge sull’immonda legge dell’accumulazione ma sulla sublime diffusione della risonanza. È vero, la catastrofe di Fukushima non ha messo fine al nucleare, gli scioperi generali non hanno portato all’autorganizzazione generalizzata, le rivolte del Nord Africa sono ormai invischiate nel loro contrario, ma gli echi di questi istanti continuano a propagarsi per il pianeta alla velocità dei neutrini.
La rivoluzione non è un affare di velocità, ma di ritmo. Un ritmo che deve farsi sempre più serrato. Un ritmo che deve cercare di interrompere la ripetizione. Un ritornello che metta insieme i pezzi che viaggiano sparsi per il mondo.Vedere, dove tutti vedono una coltre di governo e gestione, un’infinita esplosione di possibilità. Essere più realisti della realtà, più veloci dell’alta velocità.
Diserzione
La litania della politica dà la nausea. Il monologo dell’economia non fa altro che inculcare la convinzione che non si possa vivere diversamente. L’unico dei mondi possibili fa acqua da tutte le parti. Si preparano gli ennesimi aggiornamenti di sistema. Aggiustamenti incapaci di nascondere che le impasse che vorrebbero correggere risiedono nel cuore stesso della macchina. Ma all’organizzazione si risponde con l’organizzazione.
Occorre aiutare quello che già accade. Innestarsi in un processo in corso. Apprestarsi al combattimento a partire dal naufragio a cui siamo consegnati. Disporsi alla potenza degli incontri e degli scontri.
Ciò che cerchiamo è già all’opera. Alcuni si accalcano per frenare o incanalare, ma si tratta soprattutto di lasciar scorrere. Non c’è nessun soggetto all’opera ma solo una potentissima corrente che cerca di interrompere il corso di questo mondo.
Arrivederci nelle strade
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